Tutto comincia nella Plaza de Armas, il centro nevralgico della città. Un tempo era il Haucaypata, la piazza principale dell’impero Inca, dove l’inca (il sovrano) presiedeva le cerimonie e i guerrieri partivano per le conquiste. Oggi è circondata da cattedrali spagnole, come la Catedral del Cusco, costruita con le pietre saccheggiate dal tempio inca di Sacsayhuamán. Ma basta abbassare lo sguardo per vedere i resti delle antiche mura, ancora lì, a ricordare che questa terra era sacra molto prima dell’arrivo degli europei.

Poi c’è il Qorikancha, il Tempio del Sole, il luogo più sacro dell’impero. Un tempo le sue pareti erano ricoperte d’oro, e i raggi del sole si riflettevano sulle lamine preziose, illuminando la città. Oggi, sopra le sue rovine sorge il Convento di Santo Domingo, ma entrando si può ancora ammirare la pietra inca, tagliata con una precisione che sfida la tecnologia moderna. I cronisti spagnoli raccontavano che le mura erano così perfette che non si poteva infilarvi nemmeno una lama di coltello. E oggi, toccandole, si capisce perché.

Ma Cusco non è solo storia: è anche vita. Il Mercado de San Pedro è un’esplosione di colori e profumi, dove le cholas (le donne indigene con i loro cappelli a bombetta) vendono frutta tropicale, spezie e cuy (la cavia, piatto tradizionale). Qui si trova di tutto: dalle papas moradas (patate viola) ai tessuti fatti a mano, fino alle pietre di coca, usate da secoli per combattere il soroche (il mal di montagna). Assaggiare un choclo con queso (pannocchia con formaggio) mentre si osservano i volti indigeni è un modo per sentire il polso autentico della città.

E poi ci sono i dintorni, dove la magia inca è ancora più viva. A pochi chilometri dal centro, Sacsayhuamán domina la città con le sue mura ciclopiche, costruite con blocchi di pietra alti fino a 9 metri. Gli spagnoli pensavano che fosse una fortezza, ma in realtà era un tempio dedicato al dio sole, e ancora oggi, durante l’Inti Raymi (la festa del sole, a giugno), gli abitanti si riuniscono qui per celebrare le antiche tradizioni. Salire sulle sue terrazze al tramonto, quando il cielo si tingere di rosso e le montagne si stagliano all’orizzonte, è un’esperienza che toglie il fiato.

Ma Cusco è anche la porta per Machu Picchu. Prendere il treno per Aguas Calientes e poi salire sulla montagna sacra è un pellegrinaggio che ogni viaggiatore dovrebbe fare almeno una volta nella vita. Ma anche senza arrivare fino al famoso sito, Cusco offre tesori nascosti: Q’enqo, un tempio scavato nella roccia dove si facevano sacrifici; Tambomachay, la "fontana della giovinezza" inca; e Puka Pukara, una fortezza rossa che un tempo proteggeva la città. Ogni sito racconta una storia, e ogni storia è un tassello del grande mosaico inca.

La sera, Cusco si trasforma. I peñas (i locali tradizionali) si riempiono di musica andina, suonata con quenas (flauti) e charangos (piccoli strumenti a corda). Nei ristoranti come il Chicha di Gaston Acurio, si gustano piatti come il lomo saltado (manzo saltato con verdure) o la sopa de quinoa, mentre fuori, nelle strade, i venditori ambulanti offrono anticuchos (spiedini di cuore di manzo) e te de coca per scaldarsi.

Cusco è una città che non si visita, si vive. È il profumo dell’eucalipto che brucia nelle saunas tradizionali, il sorso di chicha morada (una bevanda a base di mais viola), il sorriso di un anziano quechua che ti racconta leggende inca. È un luogo dove il passato e il presente si intrecciano, dove ogni pietra ha una storia da raccontare, e dove, anche solo per un istante, si può sentire il battito del cuore dell’impero Inca.