Tutto comincia con Copacabana. Non è solo una spiaggia, è un simbolo: quattro chilometri di sabbia dorata dove il mondo si dà appuntamento. Di giorno, è un trionfo di ombrelloni colorati, venditori di água de coco e bambini che giocano a pallone. Di notte, diventa il palcoscenico di una festa senza fine, con i barracões (i chioschi sulla spiaggia) che servono caipirinhas e i musicisti che suonano fino all’alba. Ma Copacabana è anche il luogo dove, ogni anno, si tiene il Réveillon, il Capodanno più famoso del Brasile, con milioni di persone vestite di bianco che brindano sotto i fuochi d’artificio, mentre le onde dell’oceano sembrano applaudire.

Poi c’è Ipanema, la spiaggia dei sogni, quella di The Girl from Ipanema. Qui l’atmosfera è più chic: i cariocas (gli abitanti di Rio) giocano a frescobol, un mix tra tennis e pallavolo, mentre le baianas (le donne in abiti bianchi) vendono acarajé, frittelle di fagioli e gamberi che profumano di Africa. Ipanema è anche il luogo dove, al tramonto, tutti si fermano ad applaudire il sole che sparisce dietro il Morro Dois Irmãos, le due montagne che sembrano vegliare sulla città.

Ma Rio non sarebbe Rio senza le sue favelas. Sono lì, aggrappate alle colline, con le loro casette colorate e i vicoli stretti dove la vita scorre tra musica e difficoltà. Santa Marta, la favela resa famosa da Michael Jackson nel video di They Don’t Care About Us, oggi è una meta turistica, dove le guide locali raccontano storie di resistenza e creatività. Qui, tra un muro dipinto e l’altro, si sente la samba uscire dalle finestre, quella vera, non quella per turisti. È il ritmo che nasce nei terreiros (i cortili), dove i bambini imparano a ballare prima ancora di camminare.

E poi ci sono i panorami. Rio è una città verticale, dove il mare e la montagna si incontrano in un abbraccio mozzafiato. Salire sul Cristo Redentore è un’esperienza che va oltre la cartolina: da lassù, con le braccia aperte come quelle della statua, si vede tutta la città, dalle spiagge alle favelas, dai grattacieli di Botafogo alle foreste della Tijuca. Ma per un’esperienza ancora più indimenticabile, bisogna andare al Pão de Açúcar, il Pan di Zucchero. La funivia sale lenta, e man mano che si sale, Rio si srotola ai tuoi piedi come un tappeto magico, con la Baía de Guanabara che brilla sotto il sole.

La notte, Rio si trasforma. I locali di Lapa, il quartiere bohémien, si animano con la musica live, e i botecos (i tipici bar brasiliani) si riempiono di gente che canta, balla e ride. Qui, sotto gli Arcos da Lapa, l’acquedotto coloniale trasformato in simbolo della città, si balla la samba de roda, quella in cerchio, dove tutti sono invitati a partecipare. Non importa se non sai ballare: a Rio, la samba non è una danza, è un modo di vivere.

E poi c’è il Carnaval. Se pensi che Rio sia allegra il resto dell’anno, durante il Carnaval diventa pura magia. Le scuole di samba sfilarano nel Sambódromo, con carri allegorici alti come palazzi e costumi sfavillanti che sembrano usciti da un sogno. Ma il vero Carnaval non è nello stadio: è nelle strade, dove i blocos (i gruppi di festa) trascinano tutti in un vortice di musica, glitter e birra. È impossibile restare fermi: a Rio, durante il Carnaval, anche l’aria balla.

Rio è una città che non si lascia raccontare, si deve vivere. È il sorso di una caipirinha al tramonto, il profumo del feijoada (il piatto nazionale a base di fagioli e carne) che cuoce lentamente, il sorriso di un carioca che ti invita a ballare. È una città che ti prende per mano e ti porta in un viaggio dove ogni angolo è una sorpresa, ogni nota di samba una promessa di allegria, ogni panorama un colpo al cuore. Perché Rio non è solo una destinazione: è un sentimento che resta nella pelle.